Articolo Anno XII n. 3 del 24/02/2017 Le Convenienze e le Inconvenienze teatrali Recensione di Giuseppina Giacomazzi Dramma giocoso in due Atti Musica di Gaetano Donizetti Libretto di Domenico Gilardoni Opera di Firenze- Maggio Musicale Fiorentino Nuovo allestimento in collaborazione con il Conservatorio di Musica “Luigi Cherubini” di Firenze- Orchestra e coro “Luigi Cherubini” di Firenze Direttore Paolo Ponziano Ciardi Regia Francesco Torrigiani Daria Garbinati Eleonora Bellocci Procolo Cornacchia William Hernandez Luigia Castragatti Dioklea Hoxha Agata castra gatti Filippo Morace Pipetto Frescopane Cecilia Bagatin Guglielmo Hollemand Francisco Javier Ariza Biscroma Strappaviscere Dielli Hoxha Prospero Salzapariglia Omar Cepparolli Impresario Francesco samuele Venuti “Le Convenienze e inconvenienze teatrali” è una delle opere di Donizetti ad aver avuto un alto numero di rifacimenti e pertanto più versioni. La Farsa è un’operina in un atto intervallata da dialoghi parlati in dialetto e così fu rappresentata la prima volta al teatro Nuovo di Napoli nel 1827, ma in questa realizzazione la scelta è stata quella del dramma giocoso in due atti con parti in prosa e in dialetto . Il passaggio ai due atti avvenne probabilmente nel rifacimento intermedio della farsa per il teatro della Canobbiana di Milano il 20 aprile 1831. L’opera risultò sensibilmente trasformata, anche nei nomi dei personaggi e le esecuzioni successive videro continui riadattamenti in rapporto al tipo di pubblico. La storia dell’opera è pertanto complessa. L’ambientazione è quella del teatrino di Brozzi, un sobborgo di Firenze,in cui si sta provando uno spettacolo lirico. Si tratta pertanto quasi di un’anticipazione del “teatro nel teatro” di Pirandello, di un’opera che parla dell’opera, una “presa in giro” divertita (ma in fondo anche amara)del malcostume teatrale, argomento che era stato oggetto nel ‘700 del “Teatro alla moda” di Benedetto Marcello, ma anche di opere di Metastasio, Ranieri di Calzabigi e altri. Un gruppo di cantanti improvvisati, senza alcuna preparazione musicale( nella vita fanno altri mestieri), sono in competizione fra loro. La prima e la seconda donna sono supportate rispettivamente dal marito e dall’invadente madre napoletana Agata, “ruolo en travesti” al contrario, affidato da Donizetti ad un baritono. Intorno una serie di personaggi che si atteggiano in modo diverso, cercando ognuno degli spazi per emergere, nonostante l’incompetenza musicale: il poeta che deve aggiustare di volta in volta i versi, il compositore Biscroma, il musico che riecheggia il “castrato” dell’epoca, il cantante tedesco con il suo italiano incerto. L’opera che dovrebbero eseguire è “Romolo ed Ersilia” su libretto metastasi ano. In seguito ai litigi musico e tenore lasciano la compagnia sostituiti dagli incompetenti e comici mamma Agata e Procolo, marito della prima donna. Alla fine tutto si concluderà in un fallimento: l’impresario non riceverà il contributo economico , l’opera non si farà e tutti fuggiranno rapidamente. Il primo atto è dedicato alle convenienze, alla ricerca di privilegi da parte dei cantanti: l’aria finale di “rondò”, il ruolo primario. Il secondo alle “inconvenienze” che preludono al disastro finale. La realizzazione fiorentina dell’opera è affidata completamente , sia per l’allestimento che per la produzione, al conservatorio Luigi Cherubini, pertanto a cantanti e musicisti giovanissimi. Tutti, orchestra e cantanti, si sono dimostrati di alta qualità e competenza. Le qualità vocali di quest’ultimi sono state unite ad una grande capacità recitativa, necessaria in una farsa. Protagonista è il bravo Filippo Morace, baritono, che realizza il ruolo di “buffo”,e unisce alle doti vocali richieste, capacità recitative , competenza e disinvoltura nei recitativi in dialetto napoletano. Particolarmente brillante l’aria tratta dall’Otello rossiniano, “Assisa a’piè d’un salice” che diventa “assisa a piè d’un sacco”, esilarante e tecnicamente perfetta, accompagnata dalla tromba solista,e le citazioni dalla Lucia di lamermoor dello stesso Donizetti. Morbida e trasparente la voce del primo soprano, il secondo soprano deve cimentarsi in una vocalità sgradevole, come richiesto dal ruolo di “seconda donna”, cosa del resto difficile. Le voci tenorili sono chiare e aperte, oltre alle capacità vocali emergono in tutte le voci maschili e femminili, quelle recitative. Le scene, anche se un po’ minimaliste, sono adeguate alla realizzazione del teatrino di provincia in cui i protagonisti si muovono, migliore e più colorata la scenografia nel secondo atto, nel quale i “cantanti” si muovono su un improvvisato “palcoscenico”. I costumi appartengono a diversi momenti del ‘900: gli anni ’20, gli anni ’60, la contemporaneità. Ai presunti cantanti vengono continuamente portati modellini di vestiti realizzati in cartone, gioco infantile o comunque richiamo al teatro. Molti gli applausi, sentito e divertito il coinvolgimento del pubblico. Un ottimo lavoro che ha proposto, nonostante l’indiscutibile” verve” comica, una riflessione sul nostro presente e sul destino del teatro. I giovani del conservatorio che hanno realizzato l’opera aprono alla speranza. Articolo Anno XII n. 1 del 17/01/2017
LA SCUOLA DEI GELOSI Dramma giocoso in due atti Musica di Antonio Salieri- Libretto di Caterino Mazzolà Teatro Pergolesi –Jesi Il conte Bandiera- (tenore) –Patrick Kabongo La contessa – (soprano)- Francesca Longari Blasio -marito geloso di Ernestina- (baritono)-Benjamin Cho Ernestina -moglie di Blasio- (soprano)-Eleonora Bellocci- Lumaca- servitore di Blasio- (baritono)-Qianming Dou Carlotta (cameriera di Ernestina- (mezzosoprano)-Ana Victoria Pitts Il Tenente (amico del conte, cugino di Blasio)- (tenore)-Manuel Amati Direttore- Giovanni Battista Rigon Orchestra I virtuosi italiani Regia- Italo Nunziata Scenografia-Andrea Belli Costumi-Valeria Donata Bettella Luci- Marco Giusti Recensione di Giuseppina Giacomazzi Il 13 e il 15 gennaio e il 12 gennaio 2017 in anteprima per gli studenti è andata il scena la prima rappresentazione in tempi moderni della “Scuola dei Gelosi” di Antonio Salieri diretta da Giovanni Battista Rigon . Lo spettacolo è stato realizzato dalla Fondazione Pergolesi- Spontini con la collaborazione della Fondazione culturale Antonio Salieri di Legnago, delle Fondazione Teatro delle Dolomiti di Belluno, Maggio Musicale Fiorentino e Teatro Marrucino di Chieti, teatri nei quali seguiranno le prossime rappresentazioni. L’opera fu presentata la prima volta il 28 dicembre 1778 al teatro San Moisé di Venezia e il 22 aprile 1783 al Burgtheatre di Vienna, con libretto revisionato da Lorenzo Da Ponte. Fu un’opera amata immediatamente dal pubblico per la sua piacevolezza e comicità ed ebbe subito una larghissima diffusione, ammirata da personaggi celebri e uomini di cultura, fra i quali Goethe. La trama è complessa e basata su intrighi amorosi, tentativi di seduzione e atteggiamenti di gelosia sfrenata all’interno delle tre coppie protagoniste e sul rapporto fra le tre classi sociali: nobiltà ormai in fase di decadenza, borghesia in ascesa e servitù. Il ruolo del Tenente richiama quello del don Alfonso del mozartiano Così fan tutte, ma in questo caso in difesa del ruolo femminile: la donna libera sarà quella più fedele. Per conquistare una donna più facilmente, aggiungerà saggiamente il tenente, bisognerà andare nella casa di un marito geloso. Nel finale tutti i sentimenti si ricompongono armonicamente secondo i canoni del razionalismo settecentesco. La gelosia è un sentimento che si oppone allo spirito illuministico. Molti sono i richiami alla musica e ai libretti mozartiani , elemento che mette il luce una collaborazione fra i due musicisti contemporanei e che va a sfatare l’accusa di “avvelenamento”di Mozart da parte di un “invidioso Salieri”, accusa diffusa a causa di una serie di interpretazioni prive di fondamento, dell’opera di Puskin, pretesto per la costruzione letteraria dell’’assassinio di un genio”, e di un famoso film di Milos Formann. La struttura musicale dell’opera si articola nella successione sinfonia, introduzione, recitativi e arie, alcuni duetti. Originalissimi i finali d’atto con sorprendenti e brillanti concertati, che risultano gli elementi più originali dell’opera. Le voci sono tutte rispondenti ai ruoli interpretati. Patrick Kabongo (tenore) congolese e Biongick Cho (baritono)coreano si distinguono per limpidezza della voce, fraseggio e dizione sorprendente per precisione . Chiarezza e capacità interpretativa caratterizzano il baritono cinese Quanming Dou, formatosi in Ucraina, nel ruolo del servitore Lumaca. La presenza di questi giovanissimi cantanti stranieri evidenzia con piacere la diffusione e la cura per la musica italiana nel mondo. Unica voce maschile italiana il giovane tenore Manuel Amati in un ruolo di primaria importanza, in quanto voce del razionalismo illuministico, determinante nella ricomposizione dei ruoli sociali e familiari rappresentati dalle coppie in preda a gelosia e sentimenti confusi. Tale ruolo è stato assolto in modo brillante per vocalità chiara e presenza scenica. Francesca Longari, la contessa gelosa del marito seduttore , seduttore che ricorda il Don Giovanni mozartiano, si distingue per colore e agilità , capacità interpretative, altrettanto l’Ernestina di Eleonora Bellocci., povera moglie vessata da un marito ossessionato dalla gelosia. La vocalità del mezzosoprano cinese Quianming Dou presenta colore e morbidezza. L’ambientazione è spostata nel primo ‘900 e la scenografia si presta ad un rapido e facile cambiamento, suggerendo un’atmosfera intrisa di magia, piacevole creatività e senso del gioco. La scena è in continuo movimento e realizzata con materiali semplici. Un’automobilina , presumibilmente di legno o cartone, è presente in vari momenti e suggerisce una continuità nel tempo. Singolari i costumi che si richiamano alla moda del primo ‘900, ma anche per alcuni dettagli ai costumi del ‘700 .I colori e le stoffe sono africane, coloratissime, ricche di fiori e ornamenti . le coppie presentano negli abiti richiami nel disegno, pur nella diversità del colore. La regia conferisce unitarietà alla rappresentazione. Brillante l’esecuzione orchestrale e la direzione. Uno spettacolo divertente e gradevolissimo che riesce a dare l’idea del gusto di un secolo lontano rispettandone il contesto e restituendone una versione adeguata alle esigenze della diversità del momento storico e della sensibilità. La Fondazione Pergolesi – Spontini sta offrendo al pubblico un grande contributo in tal senso e ci auguriamo una continuità in tale direzione. Articolo Anno XII n.1 del 17/01/2017
Gli equivoci nel sembiante Commedia in musica in tre atti Musica di Alessandro Scarlatti (1660-1725) Libretto di Domenico Filippo Contini Alena Dantcheva- Clori, ninfa innamorata di Eurillo Monica Piccinini- Lisetta, sorella minore di Clori Raffaele Giordani- Eurillo,pastore, innamorato di Clori Valero Contaldo- Armindo,gemello di Eurillo- Direttore: Rinaldo Alessandrini- clavicembalo Concerto Italian: Nicolas Robinson- Elisa Bellabona-(violini)-Ettore Belli (viola), Marco FrezzatoVioloncello) –Luca Cola (contrabasso)-Ugo Di Giovanni (arciliuto)-Craig Marchitelli (tiorba) Recensione di Giuseppina Giacomazzi Il festival Purtimiro al teatro Rossini di Lugo (Feste Musicali intorno all’opera barocca) diretto da Rinaldo Alessandrini, ha proposto il 21-23-27 dicembre 2016 la commedia in musica Gli equivoci nel sembiante scritta da Alessandro Scarlatti a soli diciotto anni su libretto scritto dal prelato Domenico Filippo Contini e rappresentato per la prima volta a Roma nel teatro privato della famiglia Contini nel 1679. L’ambientazione è arcadica, il tema amoroso: due coppie scambiano e alternano effusioni amorose e momenti di gelosia. L’intreccio dà luogo a una serie di equivoci: Lisetta ama l’amante della sorella, Eurillo, e inventa sotterfugi e strategie per conquistarlo. Gli equivoci si susseguono, soprattutto con la comparsa di un sosia di Eurillo, ritenuto dalle due ninfe Eurillo stesso. Alla fine gli equivoci si chiariscono e le due coppie si ricompongono, soprattutto in seguito al ritrovamento di due anelli uguali dei due giovani che daranno luogo all’agnizione , rivelandoli fratelli gemelli. Il tema del “riconoscimento” era tema spesso presente nella commedia rinascimentale e in quella classica. I tre atti sono stati concentrati in due: quasi due ore di recitativi e arie, ancora molto vicine a quel “recitar cantando”che donava ancora alla parola un ruolo privilegiato rispetto alla musica. I cantanti sono quattro: due tenori e due soprani. La vocalità è adeguata all’esecuzione di arie che lasciano il posto al recitativo che è , come ha rilevato il maestro Alessandrini, “l’anima e il motore dell’opera in musica del ‘600”. Ottime le capacità interpretative. Particolarmente disinvolta la Lisetta di Monica Piccinini. La scenografia essenziale e gradevole: il bosco arcadico viene rievocato da una serie di alberelli stilizzati sui quali viene proiettata una luce di vari colori, rispondenti agli stati d’animo nel corso della rappresentazione. I costumi contemporanei, in particolare quelli maschili corredati da accessori quali gli occhiali “Ray-Ban” e i caschetti da motociclistica, sembrano poco adeguati a rievocare, anche se in una chiave di lettura moderna, il mondo arcadico. L’orchestra, fatta eccezione dei due violini, ha un’essenziale funzione di “basso continuo”. Dobbiamo essere grati al maestro Alessandrini per la riproposizione di un’opera che ci permette di conoscere uno Scarlatti giovanissimo e ancora agli esordi, ma capace di imporre uno dei suoi primi lavori alle corti europee dell’epoca.
Articolo Anno XI n.18 del 21/12/2016 LE DONNE,I CAVALLIER,L’ARME, GLI AMORI… Selezione dalle opere di G.F.Haendel ispirate all’Orlando Furioso Teatro Rossini- Lugo Fabio Cappelli- voce recitante Roberta Invernizzi-soprano Sonia Prina –contralto CONCERTO ITALIANO Direttore Rinaldo Alessandrini Recensione di Giuseppina Giacomazzi Il 450° anniversario della prima edizione dell’Orlando Furioso è stato celebrato con alcune significative iniziative: una mostra a Ferrara al palazzo dei Diamanti (Cosa vedeva Ariosto quando chiudeva gli occhi), una a Tivoli a villa d’Este (L’Orlando Furioso e le arti) e il concerto del 17 dicembre 2016 al teatro Rossini di Lugo nell’ambito del festival Purtimiro (titolo che si riferisce a una nota aria monteverdiana) intorno all’opera barocca, diretto da Rinaldo Alessandrini. Haendel visse in Italia dal1706 al 1710 e l’esperienza italiana fu significativa per la sua opera. Certamente fu affascinato dal capolavoro ariostesco. Tre opere haendeliane si ispirano al poema : Orlando, Alcina, Ariodante, scritte fra il 1733 e il 1735. L’atmosfera fantastica, surreale del poema è quanto più sia rispondente alla teatralità barocca. Alessandrini ne ha proposto al pubblico di Lugo una selezione. Il concerto si è svolto in due tempi, coordinati dalla recitazione di alcuni passi del Furioso da parte del giornalista televisivo con formazione attoriale Fabio Cappelli, che ha introdotto la parte musicale con i primi versi del poema: “Le donne, i cavallier, le armi, gli amori….., e coordinando le due parti con quelli tratti dal canto VI (L’isola di Alcina) e dal XX, il canto della follia del paladino che da il titolo al poema, offrendo così al pubblico una significativa integrazione di poesia e musica. Soprano e contralto,soliste o in duetto, hanno dato prova di alte qualità vocali e interpretative. Sonia Prina si è esibita nell’aria “Fammi combattere”atto II e nel duetto con la Invernizzi (Angelica)atto III dall’Orlando,Finché prendi ancora il sangue”, nel recitativo accompagnato (Ah Ruggiero) e aria”Ombre pallide”dall’atto II e l’aria di Ruggiero dall’atto III dell’Alcina: “Mi lusinga il dolce affetto”, dall’Ariodante l’aria di Polinesso “Dover,giustizia” e nel duetto con l’Invernizzi (Ginevra)dall’atto III”Bramo aver mille vite”. Il ruolo di Orlando nell’esecuzione del 1732 fu affidato al celebre castrato Senesino e la voce della Prina si rivela una delle più adeguate ad interpretare questo tipo di vocalità, della quale non possiamo avere comunque riscontri precisi, ma solo letterari e ricchi del fascino di ciò che può essere immaginato. La vocalità e la profondità del registro, il colore ,le agilità , le doti interpretative e sceniche ne fanno una grande interprete. Il soprano Roberta Invernizzi si è rivelata raffinata interprete dell’aria di Dorinda “Se mi rivolgo al prato”dall’atto II dell’Orlando , nel duetto dall’Atto III con Orlando, nell’aria di Ginevra dal I atto “Volate amori” e nel duetto dell’atto III “Bramo aver mille vite”dall’Ariodante. In particolare nella prima aria, interpretando il ruolo della pastorella Dorinda nel lamento del proprio amore non corrisposto verso la natura, ha rivelato delicatezza , chiarezza ed espressività. Il maestro Alessandrini ha diretto le sinfonie introduttive degli atti con rigore e competenza, ottima l’esecuzione dell’orchestra, composta da pochi elementi, secondo quanto l’esecuzione del barocco richiede. Un grandissimo successo, applausi lunghissimi e un bis: la serenata di Galatea e Polifemo , tratta da Aci e Galatea di Haendel. Ci auguriamo di essere presenti al teatro Rossini ad alcuni dei prossimi appuntamenti, in particolare all’opera “Gli equivoci del sembiante”. Articolo Anno XI n.18 del 21/12/2016 ELSA OLIVIERI SANGIACOMO: UNA VITA PER LA MUSICA Giuseppina Giacomazzi << E’ un fatto che quando mi guardo indietro, nella vita, non vedo che musica in me e intorno a me, sempre e dovunque>>. E’ quanto afferma Elsa Olivieri Sangiacomo all’inizio della sua biografia Cinquant’anni di vita nella musica. Elsa Olivieri Sangiacomo nacque a Roma il 24 marzo 1894. Sua madre , Maria Cannobbio Tames era messicana e suo padre, Arturo, scrittore e giornalista, ufficiale dell’esercito piemontese, si rivelò, nonostante la sua professione un “antimilitarista”ante litteram. Fin dai primi anni della sua infanzia, incoraggiata dal padre, amante non solo della letteratura ma anche della musica, cominciò a studiare il pianoforte. Come lei stessa afferma, visse un’epoca ricca di fermenti musicali, dei quali ritenne doveroso dare testimonianza: <<Io ho creduto nel dovere faticoso di lasciare testimonianza di un’epoca che per la musica fu incredibilmente fertile di geni, di talenti particolari, di interpreti, di voci stupende.>> La sua vita è intrecciata a quella del marito Ottorino Respighi, suo maestro, che sposò giovanissima e del quale fu preziosa e indispensabile collaboratrice. Gli anni che passarono insieme, anche se non molti, furono anni di fortissimo impegno in Italia e all’estero, di enormi successi e consensi da parte di un vasto pubblico. Il 1919, data del suo matrimonio, segnò la prima rinuncia alla carriera di compositrice, dovuta alla scelta di sostenere il marito nel suo impegno lavorativo. Tuttavia tale sacrificio non significò la perdita della sua autonomia e creatività personale. Il critico Claudio Guastalla , definisce l’unione fra Ottorino ed Elsa “un capolavoro” e asserisce che il musicista, senza il sostegno della moglie, forse non avrebbe composto alcune delle sue opere maggiori e non avrebbe avuto un così grande successo, ma aggiunge << Senza Respighi ,probabilmente Elsa avrebbe avuto una vita meno splendida, ma sarebbe stata sempre qualcuno>> Fu infatti una donna di straordinario talento e non soltanto “la moglie di Respighi” e la sua singolare ricchezza e varietà d’interessi si rivelò prima e dopo la morte del marito, anche perché la coppia impostò il rapporto sul rispetto delle differenze artistiche e della personalità di ciascuno. Un giudizio significativo in merito è offerto dal musicologo Alberto Gasco, il quale, dopo aver ricordato l’esordio musicale di Elsa al liceo di S.Cecilia a Roma, così afferma: << […] la vita e l’arte sono due cose distinte. La vita di due giovani sono legate da un nodo ferreo e pur dolcissimo: le loro musiche non hanno nessun punto di contatto e ciò deve essere notato con gioia. La personalità di Elsa Olivieri San Giacomo non solo è salva, ma tende ad assumere un carattere sempre più deciso. Il giorno della completa affermazione di questa musicista non è certo lontano.>> Oltre all’indipendenza e alla creatività di questa protagonista del ‘900 musicale e artistico, c’è da tenere presente che le testimonianze, data la lunghezza della sua vita, costituiscono un prezioso documento di un’epoca, soprattutto per gli incontri e i giudizi critici su spettacoli e personalità artistiche di grande rilievo non solo dal punto di vista musicale. Basti leggere a tale proposito la sua biografia Cinquant’anni di vita nella musica e prendere atto della fittissima corrispondenza epistolare, raccolta in ben dieci volumi. L’amico regista teatrale e critico Leonardo Bragaglia nel 1983 pubblicherà per Bulzoni il libro Ardendo vivo con il quale s’impegnò a restituire ad Elsa la sua autonomia e creatività di artista,musicista e scrittrice, attraverso le conversazioni amichevoli e le sue agende personali. Prima del trasferimento a Roma nel 1903 Elsa Olivieri Sangiacomo visse a Firenze, dove il padre era stato mandato per motivi di servizio, poi a Lucera e a Foggia , studiando il pianoforte e iniziando a cantare i bellissimi canti della terra pugliese, ma fu a Roma che iniziò uno studio serio del canto dal 1912 al 1916 con le lezioni della signora Pettigiani, erede della celebre Luigia Boccabadati, e in seguito canto corale a S.Cecilia. Continuò anche lo studio pianistico e del solfeggio con Clotilde Poce e in seguito con Giovanni Sgambati, fino alla morte di quest’ultimo, rivelando subito una forte attitudine per la composizione. Sgambati nutrì per la sua allieva un tale entusiasmo da volerle impartire lezioni gratuite per due anni. Dopo la perdita del padre e il dolore che ne seguì, si dedicò al canto corale e allo studio del canto gregoriano, attività musicali che risultarono di grande aiuto per il superamento del terribile lutto. Ebbe in seguito come maestro Pietro Mascagni alla Scuola Nazionale di musica in via di Santa Chiara. Già in questi anni cominciò a frequentare assiduamente i concerti e gli eventi musicali e artistici che la città offriva: musica da camera, sinfonica e operistica , a S.Cecilia, alla Filarmonica, al Costanzi e all’Augusteo. Ebbe così l’occasione di assistere alle esecuzioni di Arturo Toscanini, Gustav Mahler, Camille Saint-Saens ed altri grandi personalità, esperienze che contribuirono alla sua formazione musicale e culturale. Nei suoi scritti vengono rievocati gli incontri di notevole interesse e suggestione con Gabriele D’Annunzio,il librettista Claudio Guastalla, i direttori d’orchestra Bernardino Molinari, Tullio Serafin,l’architetto Marcello Piacentini, i celebri direttori Arturo Toscanini, e Arthur Rubinstein, ed altri. << Tanti stili diversi, tante espressioni musicali che ci si rivelavano una dopo l’altra, tanti contatti con artisti di vari paesi; […] sì che ci volle poi del tempo per fare delle distinzioni, graduare i diversi valori e assimilare un cumulo così massiccio di nuove sensazioni>>. Fu costretta a rinunciare ad una carriera pianistica in seguito ad una tendinite all’avambraccio destro, ma prese in brevissimo tempo la licenza di armonia e contrappunto, cosa rarissima per l’epoca in quanto donna, vincendo, unica donna, un concorso per quindici concorrenti e due soli posti. Nel 1913 si iscrisse alla classe di Fuga e Composizione di Ottorino Respighi. Negli anni che precedettero la guerra Elsa arricchì le sue esperienze musicali spostandosi in Italia e all’estero per ascoltare i grandi interpreti della musica a Bologna, Parigi, Milano. Il 1914 il conflitto mondiale portò nella vita musicale se non un arresto una serie di difficoltà. Elsa non fu mai indifferente a quanto accadeva; caratteristiche della sua personalità furono sempre la disponibilità umana, la sensibilità che la spinse ad intraprendere un corso d’infermiera alla croce Rossa e a prestare servizio presso l’ospedale leoniano, dove allestì spettacoli per i soldati, non abbandonando nello stesso tempo i suoi studi a S.Cecilia, il canto e l’apprendimento delle lingue straniere. E’ fuori dubbio che il suo più grande desiderio, dovuto ad una profonda attitudine naturale, fu quello di dedicarsi alla composizione. La madre scrive a tale proposito al marito: <<Elsa sta davanti a me, e sai cosa fa? Ha preso un foglio di carta e sta scrivendo delle note,cioè, secondo lei, componendo una Sonata; ogni poco si alza e và al piano a sentire il motivo delle note che ha scritto[…] Risale al 1918 la prima stampa di Tre canzoni spagnole: La muerte del Payador, su versi popolari spagnoli, Momento, su parole di Ignacio Dicente, Duermete mi alma, che lo stesso Respighi aveva sottoposto alla Casa Ricordi di Milano e della quale egli stesso volle darle la comunicazione dell’avvenuta pubblicazione. Momento, una di queste tre liriche, confluirà in un’opera di Respighi, costituirà infatti il Primo Interludio della Maria Egiziaca. Di questo periodo è anche il poema sinfonico Serenata di maschere, eseguito, insieme alle tre composizioni citate, per il saggio di composizione il 26 maggio 1918 sotto la direzione del maestro Alessandro Bustini. Nel testo, da lei scritto, Elsa attinge alle sue conoscenze letterarie: in una notte di carnevale alcune maschere guidate da un Domino azzurro vanno a fare una serenata. Un Arlecchino leva un canto con una dolcezza tale da commuovere le maschere. Dopo un momento di silenzio la festa continua e si ricomincia a cantare, a gridare, a danzare. Da lontano si avverte il lamento di Pierrot sognatore, che si spegne in un sospiro. Il soggetto è originale, Elsa vinse la prova concorrendo con altre due donne ( Marta Nervi e Elena Mangione). Alberto .Gasco circa questo lavoro afferma: << Fra le compositrici che avevano affrontato la prova, Elsa Olivieri Sangiacomo si guadagnò i più lieti consensi. La sua Serenata di maschere fu giudicata il saggio notevolissimo di un ingegno vivace e fertile. Piacque in questa composizione , la modernità della struttura, la spigliatezza dei motivi fondamentali e la eccellente coloritura orchestrale. La Olivieri Sangiacomo è attratta dai maestri dell’ultima scuola, soprattutto da Igor Strawinsky; però non si può rimproverare a lei alcuna imitazione palese di questo eccezionale musicista: La serenata di maschere vale appunto per il suo carattere fantasioso,poetico ed anche delicatamente ironico nei quali sono gli elementi di un’originalità non dubbia.>> Fu proprio in occasione del saggio di composizione che Respighi le chiese di sposarlo e l’11 gennaio 1919 Elsa Olivieri divenne sua moglie. Nel 1916 scrisse tre liriche Stati d’animo, dirette da se stessa. E’del 1918 -1919 la composizione di Quattro liriche per canto e pianoforte ispirate ai Rubayat di Omar Khayam, pseudonimo di un autore persiano vissuto fra l’XI e il XII secolo. Si tratta di quattro tempi di un unico brano musicale da eseguire unitamente, di seguito, anche se apparentemente indipendenti. Gli anni passati accanto a Respighi furono anni d’intenso lavoro, ma anche di grandi soddisfazioni e successi. Molti furono i concerti in Italia e in Europa e ben quattro tournées in America (1924, 1927,1928-29, 1932, nelle quali Elsa riuscì a vincere la reticenza del marito ai viaggi troppo lunghi e lontani. Elsa dichiara <<“La nostra vita dal 1929 al 1935 ha dell’inverosimile […] una tournée dietro l’altra in America e in Europa.>> Spesso cantò, accompagnata dal marito, opere di Ottorino, ma talvolta anche sue. Qualsiasi composizione veniva comunque da lui sottoposta al giudizio critico della moglie, segno di assolute stima e fiducia. In questo periodo felice Elsa riprese a cantare e studiare alcune liriche e antiche cantate d’amore da lui armonizzate e arrivò perfino a dargli lezioni di canto gregoriano, che, da questo momento sarà presente nelle opere di Respighi. Di queste lezioni Elsa offre un dettagliato resoconto nella conferenza Il mio allievo Respighi (Positano, maggio 1950). Fu comunque l’interprete prediletta della musica vocale del marito, sostituendo Chiarina Fino-Savio. Elsa aveva una voce di mezzosoprano <<al limite con l’estensione del soprano drammatico (si naturale), che ben presto si imbrunì limitandosi a un fa diesis, o, nel migliore dei casi, al sol naturale>>.Fra il ’20 e il ’29 intraprese con il marito e il violinista Mario Corti una tournée di concerti da camera, in Italia e all’estero. Nel ’21 a Praga fu l’interprete di Il Tramonto di Respighi accompagnata da un quartetto d’archi e presentò, sempre a Praga, La Sensitiva, poema lirico sempre del marito. Altri importanti concerti saranno dati in America fra il 1926 e il 1927, fino ad un numerto complessivo di trecento. Sono del 1920 le quattro liriche con dedica Alla signora Ida Tilche Saxe stampate da Ricordi Di questo stesso anno sono le due canzoni francesi Je n’ai rien di Henry de Regnier e Berceuse bretone di Théodor Botrel, sullo stile di Massenet sono rispettivamente dedicate A’ Marthe Suarez e A Nadine Tinche (Suarez). Risale comunque a questo periodo la prima rinuncia alla composizione e la scelta di dedicare la sua vita e il suo impegno musicale alle opere del marito.; tutto quello che continuerà a comporre sarà di carattere privato. In questi anni d’intensa attività moltissimi sono gli incontri con artisti e intellettuali e le partecipazioni a spettacoli musicali. Sono inevitabili i giudizi critici, le valutazioni, che offrono un quadro significativo dell’epoca. In particolare emergono le figure del coreografo russo Sergei Djaghilev, GabrieleD’Annunzio, l’intellettuale Axel Munthe, visitatore assiduo della villa “Il Rosaio” del soggiorno caprese di Elsa e Ottorino, ma anche di Eleonora Duse, incontrata ad Asolo, Di Anna Mahler, di Richard Strauss. Significativi la conoscenza e l’ascolto di pianisti direttori d’orchestra e cantanti famosissimi: il direttore Wilhelm Backhaus e il tenore Aureliano Pertile,al quale riconosce una singolare capacità interpretativa, Beniamino Gigli, Bruno Walter e Arturo Toscanini. Interessante il giudizio su Toscanini che emerge sempre dalla sua autobiografia e da un’intervista del 1977 all’Adriano Records : Elsa accusa il maestro di essere nei confronti dell’orchestra un vero “vampiro” e di “mettere a terra” l’orchestra durante una prova, rimanendo fresco e riposato. E’ interessante a tal fine l’episodio che vide coinvolto il grande direttore Wilhelm Furtwangler e, in seguito al quale il direttore tedesco non mise mai più piede negli Stati Uniti:dopo essere stata diretta da Toscanini quando il maestro salì sul podio, trovò un’orchestra stanca e demotivata tanto da procurargli un insuccesso clamoroso. Giudizi negativi vengono dati nei confronti del musicista compositore Maurice Ravel, uomo noto per la sua alterigia, sulle direzioni di Pablo Casals e Ferruccio Busoni. Umberto Giordano viene considerato uomo piacevolissimo, aperto alle novità musicali, Sergej Prokof’ev uomo interessante e colto come Manuel De Falla, al quale fu legata da forte amicizia e ammirazione per la sua riservatezza. Conobbe e frequentò Arthur Rubistein,il pianista Alfred Cortot, Ildebrando Pizzetti,Gian Francesco Malipiero,ma anche artisti quali Trilussa, Umberto Boccioni, Giacomo Balla, animatori degli incontri romani a Palazzo Borghese e nell’abitazione di Via Nazionale o scienziati quali Enrico Fermi, conosciuto in Argentina nel 1929. Gli anni ’30 furono anni difficili, gli anni del fascismo. Dopo l’esecuzione del Carnevale romano a Respighi fu attribuita un’adesione al fascismo. Tale giudizio comportò diversi problemi per la diffusione della sua opera dopo la sua morte e dopo l’avvento della repubblica. Nella sua biografia Elsa dichiara che il marito non fu mai fascista e rifiutò la tessera del partito anche quando gli fu offerta la nomina di Accademico d’Italia. Testimonianza della limpidezza del suo comportamento è lo stesso episodio dello schiaffo inferto a Toscanini dai fascisti a Bologna per il suo rifiuto di far suonare gli inni del regime: Respighi ebbe una forte reazione e insieme alla moglie raggiunse in macchina Toscanini all’hotel Brun. La stessa Elsa espresse un giudizio negativo riguardante le scelte musicali del Minculpop e manifestò un forte coraggio nella risposta data al compositore Riccardo Zandonai, allora dirigente di tale ministero, nella quale dichiarò apertamente di non accettare le motivazioni da lui addotte per offrire delle giustificazioni ad una politica culturale di regime, denunciando le parzialità nella scelta degli autori e delle opere da rappresentare. Respighi morì dopo una lunga malattia il 18 aprile 1936. Da questo momento ebbe inizio per Elsa un’altra fase della sua vita, di una vita che sarebbe stata lunghissima. Elsa continuò fino alla fine dei suoi giorni ad essere la conservatrice e la promotrice delle opere del marito. Come gli aveva promesso si recò quasi subito a Berlino per assistere alla rappresentazione della Fiamma al teatro dell’opera di questa città, rappresentazione che si rivelò un insuccesso a causa della scenografia inadeguata e la sostituzione del direttore Karl Bohm con Wolfang Martin. Volle poi completare al più presto l’opera del marito Lucrezia, essendosi accorta della mancanza di parti intermedie e finali e di quelle relative al canto.. Fu un intenso lavoro di confronto con le altre opere di Respighi per far corrispondere la strumentazione, mentre il critico e musicista Ennio Porrino, allievo di Respighi, collaborò a scrivere le partiture per i cantanti.. Nel 1939 si dedicò almeno per un breve periodo nuovamente alla composizione. Scrisse La Ballata delle rose, composizione su versi del Poliziano per voce e orchestra da camera e Il pianto della Madonna per soli, coro e orchestra per il teatro RAI di Torino. Compose anche una cantata per mezzosoprano e orchestra da camera dal titolo Preghiera di Santa Caterina, santa per la quale Elsa aveva particolare interesse; questa opera fu eseguita nel maggio del 1949 all’Angelicum di Milano. Elsa pensava di poter tornare a comporre e lavorò intensamente per due opere: Alcesti (un atto e tre quadri) che vinse il Concorso della società degli autori e Samurai in tre atti. I libretti vennero affidati a Claudio Guastalla. Secondo quanto ipotizza Leonardo Bragaglia i due testi rispecchiano in modo profondo i sentimenti di Elsa: Alcesti non viene restituita ad Admeto, Ottorino è morto e la felicità non è di questo mondo, Utamaro uccide il figlio per il bene superiore dello stato, proprio come Elsa uccise la parte più creativa di se stessa , la composizione, per difendere l’opera del marito. E’ del 1950 la penosa e sofferta rinuncia a questo tipo di attività musicale che la portò a rifiutare anche l’invito di rappresentarla all’opera di Tokio. La rinuncia è pesante e nella sua biografia Cinquant’anni di vita nella musica offre al lettore le motivazioni di tale dolorosa scelta operata al termine di una serie di conferenze svolte in Svizzera. Nel 1942 aveva vinto un concorso in Italia per un’opera in un atto da presentarsi in busta chiusa. Il premio di tale vincita consisteva nell’esecuzione della composizione in uno dei maggiori Enti Lirici ed era stata l’Opera di Roma a metterla in programma. Dopo la tragedia della guerra mancarono le sovvenzioni, ma le fu promesso che l’opera sarebbe stata rappresentata appena possibile. Ciò non avvenne, neanche a guerra finita. Nel frattempo Elsa aveva terminato l’opera Samurai. Purtroppo dovette accorgersi che le battaglie e l’impegno per la promozione e il mantenimento dell’interesse per le opere di Respighi le avevano chiuso per sempre la possibilità di affermare le sue creazioni a causa dei detrattori del marito che vollero vedere in lui un’adesione al fascismo che non c’era mai stata. Inoltre il mondo musicale e culturale dell’epoca nutriva ancora forti prevenzioni nei confronti di donne particolarmente creative in campo musicale e artistico. Fu a questo punto che Elsa decise di non comporre più e non permise a Ricordi di ristampare le sue liriche del 1918. Elsa volle ancora una volta <<continuare a vivere e a servire la causa di Respighi.>>, rinunciare a se stessa per la sua memoria. La grande creatività le permise comunque di continuare ad operare in diversi campi, fra i quali quello di “talent scout”: il violinista Uto Ughi e il tenore Ferruccio Tagliavini sono da lei “scoperti”. Tagliavini fu mandato da lei in scena già nel 1937 con Le astuzie femminili di Cimarosa. Furono pochi i settori artistici in cui Elsa non si cimentò con successo, forse solo la direzione d’orchestra, per la quale non si sentiva attratta. Sperimentò con successo la regia, per la quale era particolarmente versata, collaborò infatti alle messinscena della Fiamma, della Maria Egiziaca,dell’allestimento del Maggio Musicale Fiorentino delle Astuzie femminili di Cimarosa nella revisione di Respighi, diretta da Mario Rossi. Le furono affidate le regie delle opere di Respighi nei maggiori teatri italiani e anche all’estero. Contribuì anche alla creazione di costumi, come accadde a Tunisi per la Maria Egiziaca nel 1951 e all’allestimento di balletti. L’impresario Hurock propose ad Elsa di allestire uno spettacolo di canti e balli folkloristici. Elsa in un primo tempo rifiutò, ma conservò e raccolse il materiale necessari a tal fine.. Dopo la morte del marito riprese il progetto del quale rimangono diversi appunti e documenti. Le fonti sono canti e musiche della Sicilia, del Lazio e del Veneto. In un appunto dal titolo Canzoni e danze italiane si vede come Elsa abbia saputo approfondire anche questo settore. Sempre negli anni ’50 si dedicherà anche alla letteratura. Molto nota la sua prima opera in tale settore, la biografia di Ottorino Respighi pubblicata da Ricordi nel 1954, biografia in 13 capitoli, nati da un riordinamento di appunti, che ebbe ben cinque edizioni e la traduzione in diverse lingue. Verso il 1957 Elsa diede alle stampe il suo primo romanzoVenti lettere a Mary Webs, romanzo in forma epistolare che trae ispirazione da un incontro in treno con Alma Mahler Werfel che tornavano da Venezia dopo aver partecipato al funerale di una figlia di Gustav Mahler. Elsa fece di questa fanciulla la protagonista del romanzo. Il libro di novelle Vita con gli uomini che sarà pubblicato da Trevi nel 1976, si rivela particolarmente originale delegando la narrazione a dei vecchi mobili che partecipano alle vicende dei loro proprietari e avvalendosi della tecnica del manoscritto ritrovato. La già citata Cinquant’anni di vita nella musica nel quale prende in esame il periodo della sua vita e della storia musicale e culturale del tempo compresi fra il 1905 e il 1955. Elsa Respighi continuò ad organizzare spettacoli, ad assistervi,a curare le sceneggiature delle opere del marito, a mantenere rapporti con i più noti rappresentanti del mondo musicale e ad offrire giudizi critici di rilievo, a viaggiare in Europa e in America per diffondere ed affermare l’opera di Respighi. Nonostante le grandi difficoltà , le sue opere continueranno ad essere rappresentate anche in Italia e a Roma, dove negli anni ’50 i concerti si svolgevano al teatro Argentina. Riuscì a far rappresentare la Fiamma nuovamente al teatro dell’opera e in seguito al teatro Alla Scala di Milano. Sentì la necessità e l’obbligo morale di mantenere l’interesse per Respighi sempre vivo, di non farlo dimenticare. Nel 1978 pubblicherà con Trevi un volume a due mani con Leonardo Bragaglia : Il teatro di Respighi:opere, balli e balletti. L’attività creativa di Elsa si estese a numerosi e diversificati campi. Oltre a curare e a revisionare alcune opere del marito, si occupò anche della loro regia e della messa in scena. A tal fine ebbe contatti con i maestri della regia del tempo: Adolphe Appia,Piero Misciatelli, Max Reinhardt e Margherita Walmann. Elsa Respighi fu certamente una figura femminile di rilievo del ‘900; oggi purtroppo le sue composizioni sono pressoché dimenticate. La critica della metà del ‘900 vide nella sua opera un riavvicinarsi al Dramma per musica secondo il modello del “recitar cantando” della Camerata fiorentina dei Bardi, nel rispetto del canto e della parola scenica ; la centralità viene data infatti al “servire l’idea drammatica e l’idea musicale”. La musicista conservò e difese sempre la propria individualità, anche se fu capace di rielaborazione e completamento delle opere del Maestro dopo la sua morte con tale perfezione da non far scorgere la differenza fra la sua mano e quella del marito. Particolarmente significative furono le sue composizioni corali, come La Ballata delle rose, La lavandaia di S.Giovanni, Caterina da Siena, il trittico Tre Cori, la Preghiera alla Vergine Santa. Negli ultimi anni della sua lunghissima vita continuò a partecipare, anche se meno assiduamente alla vita musicale e culturale della città, occupandosi fino ai primi anni ’80 dell’opera del marito e della sua memoria, secondo quanto emerge dai carteggi conservati nel fondo Respighi a Venezia. Un Fondo Respighi è stato infatti da lei costituito presso la Fondazione Cini di Venezia e contiene manoscritti, spartiti, carteggi e strumenti musicali. Morì circondata da amici e parenti il 17 marzo 1996. Elsa riposa nella Certosa di Bologna accanto all’amato Ottorino. Ringrazio i prof. Potito Pedarra e Nicola Fano della Fondazione Cini per la gentile collaborazione nella compilazione della Catalogazione delle opere.
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