ITALIA NOSTRA ROMA :

METRO C PIAZZA VENEZIA – BIBLIOTECA DI PALAZZO VENEZIA

DUE VERSI DELLA STESSA MEDAGLIA

COMUNICATO STAMPA

2 NOVEMBRE 2023

METRO C PIAZZA VENEZIA – BIBLIOTECA DI PALAZZO VENEZIA

DUE VERSI DELLA STESSA MEDAGLIA

ABSTRACT

La fermata della Metro C di piazza Venezia dice che serve alla diffusione della cultura e intanto si distrugge la meravigliosa biblioteca di Palazzo Venezia che funzionava a meraviglia ed è stato vanto di Roma. L’una e l’altra cosa non sono disgiunte! Si blocca il traffico infatti e si riportano le auto su via dei fori. Si riporta l’archeologia alla luce, ma la si tratta quasi fosse una boutique di soprammobili esposti a piacere dove fa più moda. Il Passato è ridotto ad una quinta secondaria di comodo all’arredo, in un’insensata competizione internazionale alla stazione più Glamour; condizione tipica delle città costrette nei sotterranei in carenza di sole e non per Roma la cui solarità ha sempre accompagnato la vita dei monumenti antichi. Con 700 milioni si sistemava il traffico dell’intera città. Basterebbe fare degli ingressi e delle uscite e si risparmierebbero metà dei soldi e tre quarti del tempo, ma soprattutto si libererebbe Roma dalla lercia atmosfera dei cantieri portuali che la stanno uccidendo!

In questa ultima settimana a Roma è tornata perentoriamente di gran moda la questione del traffico. Motivo sono questa volta i ciclopici lavori di piazza Venezia: il cantiere di una fermata della Metro C che si vorrebbe costruire come una “reception” turistica sottoterra; grande come un terminal di un aeroporto. Qualcuno lo ha già definito il “piccolo Louvre romano” trattandosi di un sistema di ascensori e di scale mobili – come quelle sotto la piramide disegnata dall’architetto Ieoh Ming Pei per il museo parigino – questa volta “rovesciata”.

I numeri sono sconvolgenti: 48 metri di profondità; 4.000 mq di area occupata; 8 livelli di piani interrati; 585.000 metri cubi di materiale scavato; 27 scale mobili. Tra le cose previste vi è anche lo smontaggio di un complesso pluristratificato archeologico: muro dopo muro, pietra su pietra, e la successiva ricostruzione sopra il solettone di cemento armato che chiuderà i tunnel. Questa opera darebbe vita ad una archeostazione: un ibrido di alta tecnologia meccanica e di passato sommerso. “I treni correranno nel cuore di Roma antica” recita una propaganda dei costruttori. Un nuovo “paradigma” tra archeologia e infrastruttura, che mette così “in luce” il passato. E qui è naturale che sorga una battuta: ma quale luce potrebbe rivelarsi, nel confuso e distratto passeggero alle prese con file e biglietterie, in una sotterranea e continua condanna alla rincorsa?

Il risultato che comunque si è già bello che profilato è ancora una volta la “grande confusione”, più della “grande bellezza”, generata da un’arresa a dei programmi di trasformazione i cui autori e le cui finalità non sono mai pubblicamente comparsi.

La trasformazione del cuore di Roma, la piazza del grande palazzo di Venezia, sopravvissuto alle demolizioni e ampiamente ridefinita dalla fine dell’Ottocento, subirà dunque il “colpo decisivo” in favore di una suicida politica turistica che consegnerà definitivamente il luogo simbolico della città, ai flussi del viaggio “guarda e fuggi”. Alla sempre più fitta invasione ed all’allontanamento dei suoi cittadini.

Anche la Biblioteca di Palazzo Venezia, l’ultimo avamposto di una fruizione civica, frequentato da studenti, studiosi e cultori della città, sarà cancellata. Per lei è previsto un nuovo sito in via della Dataria; in un palazzo utilizzato un tempo dal Quirinale per le residenze dei suoi impiegati. Divenuta onerosa la sua sussistenza, si è deciso di “sbolognarlo” al Ministero della Cultura. L’edificio è infatti un caseggiato per abitazioni. Una famosa Archistar chiamata a compiere il miracolo ha gratuitamente prodotto la sua “idea”, trasformandolo in una proposta assai dubbia.

Intanto è da quasi 10 anni che le collezioni bibliografiche, le riviste, non sono più state aggiornate ed il totale abbandono ha distrutto ciò che rimaneva del celebre luogo di studio fondato e voluto da Benedetto Croce. Contenuto e contenitore, unità inscindibili, non sono però separabili. È solo l’ignoranza di una cattiva gestione che li ha desolati così improvvidamente. Una incapacità di cogliere nelle balconate delle straordinarie ebanisterie fatte fare da Pietro Toesca nel 1945, nella luminosità dei grandi finestroni e nei tavoloni dell’arredo raffinato, fin sopra le ordinate scaffalature cosparse di volumi preziosi, l’unicità di un luogo che ha formato generazioni di studiosi.

QUID ERGO

Basterebbe forse che per la metropolitana ci si limitasse ad una semplice stazione di arrivo e partenza. Servita di ogni ausilio di sicurezza per emergere all’aria aperta o per ritombarsi nel circuito della mobilità dura come quella di una metro pesante. Sarebbero sufficienti appena 3 anni (TRE), invece dei 10 (DIECI) previsti che tuttavia potrebbero essere 20 (VENTI) come per le trascorse analoghe sistemazioni vissute. Costerebbe la metà dei 700 milioni previsti invece che le solite quadruplicate sommatorie realizzate. Che senso ha! Tutto questo? Se non, come la celebre espressione latina ci insegna: l’ostinata, grande e inevitabile MENTULATA!?

Pensate: bisognerà riaprire la via dei Fori Imperiali al traffico delle automobili! Per chissà quanti anni depositare d’accapo le scorie delle combustioni degli autoveicoli, sui monumenti appena adesso salvati dalle alterazioni delle superfici marmoree; vivere in mezzo ad una disastrata atmosfera megalopolitana, sottoposta all’inferno di uno stress incontrollabile.

roma@italianostra.org