LUCI E COLORI DEL CARAVAGGIO

di Laura Ferretti 

Nella appena inaugurata GATE – Termini Art Gallery, nuovo spazio espositivo per l’arte contemporanea a Roma, situato presso l’Ala Mazzoniana della Stazione Termini, si possono ammirare (fino al 31 gennaio 2007) quattro meravigliosi capolavori attribuiti al Caravaggio: La “Vocazione dei Santi Pietro e Andrea” dalla Royal Gallery Collection Londra, Hampton Court Palace (Her Majesty Queen Elizabeth II) – Olio su tela cm 132 x163, il “Sacrificio di Isacco” dalla collezione Barbara Piasecka Johson, da Princeton, New Jersey – Olio su tela cm 116 x 176, “San Giovannino alla sorgente” dalla collezione privata La Valletta Bonelli, di Varese cm 45 x 65 e “Il cavadenti” dalla Galleria Palatina di Palazzo Pitti, Firenze – Olio su tela cm 139 x 194.

Punta di diamante della mostra è la “Vocazione dei Santi Pietro e Andrea” (1600 ca.) che, restaurata dopo anni di abbandono e incuria, finalmente vede la luce dei suoi meravigliosi colori.Acquistato da Carlo I nel 1637 da William Frizell a Genova il dipinto, durante i secoli, cambierà più volte nome: da i “Tre apostoli” (con il giovane Cristo sostituito da Giovanni Evangelista) a i “Tre pescatori”; sarà posto nel 1700 a Windsor come sopraporta; finirà, ridipinto e ritoccato più volte senza previa pulizia, relegato nei magazzini della Royal Collection, con tanti altri dipinti in attesa di essere stimato dal Painting Conservation Department.

E’ stato grazie a sir Dennis Mahon (consulente della regina Elisabetta) a Mina Gregori e Maurizio Marini (che sotto lo sporco e gli strati di colore aggiunti avevano riconosciuto la mano del maestro) che, nel 2004, l’opera è arrivata dai magazzini della Royal Collection al Castello di Windsor, sui tavoli dei laboratori di restauro della Royal Collection dove, sir Rupert Featherstone, ne ha diretto il restauro per oltre due anni.

Una accurata rimozione dei vari strati di sporco e di vernice, un nuovo rintelo, scansioni ai raggi X, riflettografie, analisi dei bordi e dei pigmenti hanno consentito di riportare alla luce non solo la sigla “CR” (sotto il vecchio rifodero), ma anche ripensamenti di segno e di colore, tracce di incisioni e dettagli di pennellate prima scomparsi e tipici del modo di lavorare del Caravaggio. 

Nella prima sezione della mostra troviamo “il Cavadenti” un olio, datato tra il 1608 e il 1609, proveniente dalla Galleria Palatina di Palazzo Pitti, Firenze.

Il soggetto dell’opera è unico nella produzione del Caravaggio e l’attribuzione al maestro ha sollevato alcuni dubbi fra gli studiosi (anche se vi sono documenti e testimonianze seicenteschi che ne comprovano la paternità).

L’ ambientazione è cara al maestro: l’interno di una locanda in cui, attorno ad un tavolo,   un cavadenti, con mano robusta e rude e il volto contratto nello sforzo, è all’opera; il paziente seduto, nell’atto di afferrare, in un contorcersi del corpo per il dolore, il bracciolo della sedia agitando l’altra mano quasi a fermare il dolore; gli astanti sulla sinistra che, preoccupati, osservano la scena mentre una vecchia, sulla destra, si avvicina incuriosita per assistere all’evento, forse attratta dalle urla del malcapitato.

La luce, tipicamente caravaggesca, tagliente da sinistra illumina le teste e le fronti lucide, posandosi sulla mano agitata del paziente.

Passando nella seconda sezione ci appare La “Vocazione dei Santi Pietro e Andrea”: lo sguardo dello spettatore viene subito catturato dalla luminosità giallo ocra del mantello di Pietro che, aperto dalle braccia allargate del santo, occupa la parte sinistra della tela e, attraverso giochi di pieghe e ombre, viene condotto, all’interno di un angolo virtuale, verso la mano sinistra dell’apostolo.Qui si fonde con la mano di sant’ Andrea, quasi in un segno di ali, mentre le dita schiuse di Pietro ci portano verso un nuovo angolo che si apre sul mantello rosa-cremisi di Gesù, fin su al volto del Cristo.

Il volto di Pietro è in ombra, quello di Andrea è semi coperto, mentre quello di Cristo raccoglie tutta la luce che entra dalla sinistra della tela.

Possenti le figure dei due pescatori, esile quella del Cristo.

I volti sono tranquilli: forti nei tratti quelli dei discepoli, giovane e sicuro quello di Gesù mentre, con la sinistra, indica la sua via agli apostoli.

Alla muta gestualità di Cristo, risponde l’indice puntato verso se stesso di Andrea, in una silenziosa domanda che ci rimanda al gesto di Matteo (la Vocazione di San Matteo 1599-1600) che incredulo risponde al richiamo di Gesù. 

Segue il quadro “San Giovannino alla fonte”, piccolo quadro (cm 45 x 65), datato tra il 1607 e il 1609, proveniente dalla collezione privata La Valletta Bonelli, di Varese (da non confondersi con l’opera omonima, attribuita pur con qualche perplessità al maestro, di dimensioni cm 100 x 73 già al Walpole Gallery di Londra).

L’ analisi del quadro, proponente un tema che Caravaggio ha trattato in altre occasioni, mette in evidenza i segni-guida sottostanti la pittura, sull’orecchio e nella zona fra la fronte e la palpebra, tipici del modo di lavorare del maestro.

Di iconografia tradizionale la trattazione del soggetto: la figura di San Giovannino è protesa in avanti verso la fonte; tra le mani il tradizionale bastone di canna sulla cui sommità è posto un chiodo che nella forma ricorda una spada, un accenno alla probabile committenza di un cavaliere dell’Ordine di Malta, di sui San Giovanni è il protettore o, come ci informa l’audioguida, a forma di croce. 

L’ultima sezione di opere contiene il “Sacrificio di Isacco”, datato tra il 1594 e il 1596.Stupendo quadro di cui il Caravaggio proporrà varie versioni (da ricordare quella del 1603-1604 oggi agli Uffizi).

La luce, entrando dall’angolo superiore destro del quadro, coglie i personaggi in un fermo-immagine: il momento in cui l’angelo, con vesti umane, ferma la mano di Abramo annunciandogli con lo sguardo la decisione di Dio; Abramo che allenta la presa sui capelli neri del figlio Isacco, che sembra trattenere quasi il respiro; mentre le mani del giovane, strette dalla corda, sono arrossate.

La luce coglie i personaggi di spalle, in ombra il volto di Abramo in semi-ombra quello di Isacco, e illumina il volto dell’angelo, dopo aver inondato le spalle del giovane e acceso, quasi come fuoco, il mantello di Abramo.

Nell’angolo a sinistra l’ariete, vittima sacrificale. 

La mostra prosegue con una sezione dedicata al restauro delle opere con radiografie, esami ottici e riflettografie di alcune di esse. 

Conclude la mostra la proiezione del film su Caravaggio del 1942, “Caravaggio. Il pittore maledetto”, con Amedeo Nazzari e Clara Calamai, e un’ ultima sezione, in cui sono proiettate foto di scena della fiction su Caravaggio, con protagonista Alessio Boni, in programmazione per il prossimo anno (2007/2008) dalla Rai. 

Lasciando la firma all’uscita, sul registro degli ospiti, leggiamo commenti delusi da un pubblico non “specialistico” che, evidentemente, pensava ad una più vasta e rappresentativa esposizione dell’artista. 

Ci rendiamo conto che intitolare una mostra “Caravaggio, capolavori nelle collezioni private”, porta a presupporre l’esposizione di diverse opere e che, forse, in questo i curatori hanno sbagliato: si poteva far riferimento, ed esporre, la sola Vocazione dei Santi Pietro e Andrea, in quanto “prima” esposizione del quadro dopo il restauro, insieme al materiale di studio e ricerca che rafforzano la teoria di Sir Denis Mahon (“prima” perché la presentazione a Londra sarà alla Queen’s Gallery, di Buckingham Palace, dal 30 marzo 2007 al gennaio 2008). 

Rimane comunque il privilegio di aver potuto godere di opere di rara bellezza, difficilmente visibili e finalmente, alcune dopo secoli, riportate al loro antico splendore per la gioia di un pubblico “specializzato” e non.